Orti e giardini del duca Caracciolo

Vignale al Bolo - Orti e giardini del duca Caracciolo

Il parco urbano Vignale al Bolo - Orti e giardini del duca Caracciolo, con annesso parcheggio sotterraneo, è stato realizzato nell’ambito del progetto cofinanziato dalla Regione Puglia (Fondo di Sviluppo e Coesione 2007-2013 - Accordo di Programma Quadro “Trasporti” - Delibera Cipe 62/2011).

Nell’aprile 2018 sono state condotte le indagini archeologiche propedeutiche alla realizzazione del progetto, eseguite sotto la direzione scientifica dell’archeologa Annalisa Biffino, funzionario del Ministero della Cultura, e condotte dall’archeologo Gian Paolo Colucci.

Gli scavi archeologici stratigrafici hanno confermato la natura storica dei luoghi e del centro demico che esisteva e aveva già una propria autonomia amministrativa, ossia un organismo rappresentativo, l’Universitas civium, quando il 12 agosto 1310 il principe di Taranto Filippo I d’Angiò (1294-1331) emanò il privilegio con il quale riconobbe istituzionalmente nel proprio Stato feudale della Puglia centro-meridionale il Casale della Franca Martina, equidistante dall’Adriatico e dallo Ionio.

Nell’area dell’attuale del parco urbano è visibile ancora in loco il selciato di un’antica strada medievale che si diramava dalla postierla di San Francesco murata nel 1696 e che permetteva di raggiungere uno dei luoghi che testimonia la più antica antropizzazione del territorio di Martina, ossia la grotta cultuale detta di Santa Maria d’Itria, dipendente dal Monastero di San Nicola di Càsole presso Otranto, celebre cenobio di rito greco fondato nel 1099, al di sopra della quale nel 1546 sorse il complesso conventuale dei Francescani Cappuccini.

Il tracciato viario attraversava le aree indicate Giardino del Duca nella Veduta di Martina dalla parte di tramontana, pianta redatta il 19 settembre 1810 dall’architetto e mastro di fabrica Giovanni Antonio Scialpi, ossia gli antichi orti suburbani ducali, caratterizzati anche da alberi di gelsi, di mandorli, di fichi e di noci.

 

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Veduta di Martina dalla parte di tramontana, pianta redatta il 19 settembre 1810 dall’architetto e mastro di fabrica Giovanni Antonio Scialpi.

 

Nell’immediate vicinanze del parco urbano insiste, inoltre, la piccola chiesa extra moenia dedicata allo Spirito Santo, luogo di culto registrato nella voluminosa Platea Reverendissimi Capituli Civitatis Martinae, redatta fra il 1680 e il 1687, dalla quale si riscontrano notizie di donazioni alla Chiesa Madre, anche risalenti al primo Cinquecento. Un’epigrafe sull’architrave d’ingresso della Chiesa dello spirito Santo riporta l’indicazione domino Vito Simeone, ossia il sacerdote che nel 1598 restaurò l’edificio di culto, presumibilmente costruito nello stesso periodo in cui si ebbe lo sviluppo urbanistico del centro demico medievale.

 

Parcheggio via Bellini

Chiesa extra moenia dello Spirito Santo.

 

Nel parco sono visibili, inoltre, le antiche strutture di raccolta e gestione delle acque meteoriche, in parte già visibili prima della valorizzazione dell’area e oggi adeguatamente restaurate.

Gli scavi archeologici stratigrafici hanno messo in luce una cisterna a campana rivestita di intonaco in cocciopesto, nonché una vasca e un pozzetto drenante: potrebbero essere, presumibilmente, precedenti all’altra emergenza storica che interessata l’area, ossia una grande cisterna coperta (foggia) che la competente Soprintendenza ha ritenuto di rilevante interesse e, quindi, da salvaguardare mediante prescrizioni sulla configurazione progettuale del parcheggio.

 

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Strutture antiche rinvenute durante gli scavi archeologici

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Strutture antiche rinvenute durante gli scavi archeologici

I materiali ceramici rinvenuti nelle stratigrafie dei vari saggi, ancora in fase di studio e classificazione, da una prima analisi sembrano riconducibili a epoca post medievale e moderna.

I dati sono stati confermati dal rinvenimento durante gli scavi nella particella 896 a una profondità di 140 centimetri dal piano di campagna di una moneta in bronzo di piccole dimensioni e in discreto stato di conservazione riferita al conio di Giovanna La Pazza con il figlio Carlo D’Austria, 1516-1519 della Zecca di Napoli.

 

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Recto e verso della moneta di Giovanna La Pazza.

 

L’archivista Cristina Comasia Ancona, consulente esterna di codesta Amministrazione Comunale, ha rinvenuto, inoltre, un documento del 7 agosto 1870 che data la costruzione delle strutture per l’approvvigionamento idrico e descrive dettagliatamente l’area in esame, di proprietà della famiglia ducale dei Caracciolo.

I dati archivistici permettono di rintracciare l’originaria destinazione d’uso dell’area, le relative piantumazioni e, soprattutto, l’antico toponimo Vignale al bolo.

 

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Particolare del documento del 7 agosto 1870 conservato nell’Archivio Caracciolo de Sangro.

 

Nell’atto, un contratto di fitto in cui figurano il sacerdote Eligio Lanzilotta, agente del duca Riccardo de Sangro, erede dei Caracciolo, e gli affittuari Giovanni Semeraro e Leonardo Antonio Semeraro, si concede in fitto il giardino dietro il Palazzo Ducale detto Vignale al Bolo per tre anni, obbligando i locatori a costruire un pozzo nel detto giardino da mantenere acqua della capienza di canne due, non che un pilone per lavare le foglie, proporzionato alla capienza del pozzo.

Il documento è conservato nell’Archivio Caracciolo de Sangro, fondo dichiarato di notevole interesse culturale il 24/01/1967 ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 30/09/1963 n. 1409 e conservato nella Biblioteca Comunale di Martina Franca: l’archivio raccoglie la documentazione storico-politica della famiglia Caracciolo, la più antica e nobile del Regno di Napoli che sin dal X secolo si è diramata nelle tre linee antiche (Caracciolo Rosso, Caracciolo Pisquizi, Caracciolo del Sole) che hanno dato origine ad altre casate, determinando una presenza massiccia dei propri esponenti in tutta la Penisola.

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